La comunicazione è l’anima del commercio. Questo assunto è noto oramai da decenni, da quando è stato compreso l’apporto e l’importanza della promozione pubblicitaria di un bene di consumo, a volte anche indipendentemente dalla qualità dello stesso prodotto.
Nel settore cosmetico la comunicazione pubblicitaria è diventata, complice anche i mezzi di comunicazione social, molto competitiva e di impatto, spesso seguendo le tendenze più in voga del momento.
Una di queste tendenze è quella relativa al cosmetico “senza”. Spesso si incontra nei claim in etichetta una lunga lista di “senza”, che va ad oscurare talvolta cosa effettivamente abbia di attraente il cosmetico in questione per il consumatore.
Questo è il caso del claim “senza conservante”, indicazione sempre più diffusa nella comunicazione pubblicitaria dei cosmetici, ma che spesso nasconde una verità fuorviante.
Esistono davvero i cosmetici senza conservanti?
Facciamo innanzitutto chiarezza: i conservanti ammessi nei cosmetici sono indicati nell’Allegato V del Regolamento Cosmetico 1223:2009. Tale allegato è soggetto a revisioni, in funzione delle valutazioni scientifiche aggiornate che possono mettere in luce eventuali dubbi sulla sicurezza di un determinato ingrediente. Questo può portare al divieto o alla limitazione d’uso di un conservante.
Le aziende produttrici cosmetiche dovrebbero organizzarsi attraverso l’ufficio regolatorio per essere sempre aggiornate sulle novità normative, al fine di proporre un prodotto sempre conforme.
Ma a cosa serve il conservante? Questo ingrediente, così tanto demonizzato, è fondamentale per consentire la stabilità microbica di un cosmetico contenente dell’acqua, in quanto l’acqua è l’ambiente per eccellenza in cui possono crescere e svilupparsi i microrganismi.

Come sono fatti i cosmetici senza profumo e conservanti
Un cosmetico può non avere in formulazione sostanze conservanti solo in pochi casi:
- in presenza di gas, laddove la concentrazione di gas sia tale da non consentire lo sviluppo dei microrganismi, come in alcuni prodotti in bombola;
- in presenza di elevate concentrazioni di alcool, come nei prodotti di profumeria. In questi casi è l’alcool stesso che funge da conservante;
- in assenza totale di acqua, come ad esempio in un cosmetico completamente oleoso (olio corpo, capelli o viso). In questo caso non sarà necessario il conservante ma fondamentale l’antiossidante per evitare l’irrancidimento dell’olio stesso.
Ci sono però alcuni “escamotage” che le aziende cosmetiche hanno adottato: ad esempio quello di inserire sostanze ad azione antimicrobica ma non rientrati nel già citato Allegato V del Regolamento Cosmetico. In questo modo viene utilizzato il claim “senza conservanti” pur essendoci nel cosmetico una effettiva attività che permette la conservazione del cosmetico.
Tale claim sarebbe ammissibile solo se dimostri, in assenza della sostanza ad azione antimicrobica, l’effettiva capacità conservante del cosmetico attraverso l’esecuzione di un Challenge test.
Il claim “senza profumo” è ammissibile invece solo se il cosmetico, oltre a non avere il profumo al suo interno, non contiene una sostanza con una profumazione caratteristica, come ad esempio un estratto vegetale di origine botanica.




Come riconoscerli e a cosa fare attenzione
Come può comportarsi quindi un consumatore per comprendere la veridicità del messaggio pubblicitario? Innanzitutto può constatare che in presenza di acqua (indicata spesso tra i primi ingredienti della lista INCI) una sostanza ad azione conservante deve essere necessariamente presente, altrimenti il cosmetico si contaminerebbe in brevissimo tempo! Quindi già la presenza di questo claim, associato ad una formulazione come un tonico, una crema, un detergente, che acqua la contengono necessariamente può essere fonte di dubbio.
Inoltre è possibile sempre individuare le categorie che non necessitano di conservanti per la loro natura chimico-fisica, come detto precedentemente, ed essere sicuri della veridicità del claim. Le aziende cosmetiche, sia produttrici che conto terzi, sono molto attente alla normativa in vigore, e possono essere un valido supporto al consumatore per liberare dai dubbi che la comunicazione pubblicitaria spesso genera.
Una riflessione più approfondita andrebbe fatta anche sulla demonizzazione del conservante, si può lavorare con una corretta comunicazione per far comprendere ai consumatori non solo il ruolo cruciale dei conservanti, ma anche l’assenza di pericolosità alle concentrazioni impiegate entro i limiti di legge. Ultimo aspetto è quello che riguarda proprio le concentrazioni: il consumatore non ha idea dei range di impiego dei conservanti, che ovviamente non sono elevati, dovendo svolgere la loro azione nel cosmetico alla dose più bassa possibile. Far comprendere che i prodotti che contengono conservanti non sono sovradosati degli stessi è un elemento di grande importanza al fine di raggiungere una comunicazione trasparente e veritiera.